Scrivere idee nuove

Categoria: PENSIERI

Il giaciglio del pensiero

L’universo e’ probabilmente molto piu’ piccolo di quanto appaia ai nostri occhi. Siamo noi ad avere la presunzione di essere grandi e poterne misurare distanze tanto immense.

The bed of thought

The universe is probably much smaller than it appears to our eyes. It is we who have the presumption of being large enough to be able to measure such immense distances.

Quel giorno verra’

Verra’ un giorno e i passi non percorreranno un cammino, ma ne disegneranno uno spazio inedito dove estendere indefinitamente la misura dei pensieri.

Quel giorno che verra’ e quella nuova misura non sara’ gia’ un tempo.

I passi non piu’ miei, non solcheranno.

Non avro’ ricordi, ma  estensione, bisogno ed oblio.

One day will come and the steps will not follow a path, but they will draw an unprecedented space where indefinitely extending the measure of thoughts.

That day will come and that new measure will not be a long time ago.

The steps are no longer mine, they will not run.

I will not have memories, but extension, need and forgetfulness.

Caro papà ti scrivo per dirti

Caro papà ti scrivo per dirti

Che sono fiero di te e sei il miglior papa  che io possa avere sei gentile buono e ti vorrei dire altre cose che sono tantissime che non posso scrivere con solo questo computer ma ce ne vorranno almeno circa dieci, dieci basterebbero.

Quello che vogli e solo e solamente che mi stia vicino e abbi sempre fiducia in me .Quando ho detto ed era la mia prima parola Papà o sempre pensato da piccolo che ero fortunato ad avere un papa meraviglioso come te ti voglio una marea di bene ma tantissimo che non potrei decifrarlo e mai nessuno mi potrà ne staccare e ne impedirmi a staccarmi da te e non volerti bene . perché io te lo vorrò per sempre e non ci sarà mai un giorno o mezza giornata che non te lo vorrò  e ti mando tanti auguri e ti abbraccio forte e per il momento  tutto quello che ti volevo dire e tutto qui anzi non so che cosa ti volevo scrivere perche me lo sono dimenticato significa che non era niente di importante.ti faccio ancora tanti auguroni da luca

Ti voglio un mondo di bene anzi 4 mondi ma non so se esistono e se siamo arrivati bo non lo so e non mi interessa saperlo mi interessa solo se sto vicino a te e se ti voglio bene ogni santo giorno che passa ad ogni giorno mi rendi felice perche ci sei tu e se non ci sei non riuscirò a vivere mi fai scherzare e divertire ogni giorno della mia piccola vita da bambino mi basto che tu sia vicino a me.

Armonia

La nostra vita sarebbe perfetta, saremmo in totale armonia col resto del Creato, se avessimo la facolta’ di rendere i nostri passi talmente leggeri da accarezzare il cammino.
Godremmo in tal modo del cadenzare delle nostre emozioni e le proietteremmo dove meglio ci aggrada.

Harmony
Our life would be perfect, we would be in total harmony with the rest of Creation, if we had the ability to make our steps so light as to caress the way.
In this way, we would enjoy the rhythm of our emotions and project them where it best suits us.

Cartesio

Non mi riesce di dubitare dello strumento analitico, mi sforzo di farlo, ma proprio non mi riesce di non tradire del Dubbio principe.
Postulo quindi quel numero e ricerco nello stesso, il principio delle infinite varietà dell’Essere.
Perciò il mio non è davvero un atto di Fede, ma un semplice Postulato, forse.
Così facendo ogni espressione analitica corrisponde al Vero e pur quando non riesca a trovarne, per mia incapacità o ridotta fantasia, misura ed estensione, quel numero è lì, lo guardo, forse mi guarda, ed è un oggetto che mi ritrovo a contemplare.
L’analisi diviene per me una Bibbia scritta con un codice diverso dalle parole.
Mio malgrado, mi ritrovo ad analizzare una costante, ma il risultato del mio conoscere non è vano, anzi, assegno a tale costante ed arbitrariamente un valore, consapevole che il mondo fisico, quale lo vivo, non potrà che esserne una condizione al contorno.
Quell’invariante che differenzio a seconda di quanto abbia facoltà, ma soprattutto desiderio e bisogno, è all’origine stessa del mio Pensiero.

Cartesio

I can not doubt the analytic instrument, I try to do it, but I really can not not betray the Doubt prince.
Then I postulate that number and search in the same, the principle of the infinite varieties of Being.
Therefore mine is not really an act of Faith, but a simple Postulate, perhaps.
In doing so, each analytical expression corresponds to the True, and even when I can not find it, because of my incapacity or reduced fantasy, size and extension, that number is there, I look at it, perhaps it looks at me, and it is an object that I find myself contemplating.
The analysis becomes for me a Bible written with a code other than words.
In spite of myself, I find myself analyzing a constant, but the result of my knowledge is not in vain, rather, I assign this constant and arbitrarily value, aware that the physical world, as I live it, can only be a boundary condition.
That invariant that differentiates according to what it has the faculty, but above all, desire and need, is at the very origin of my Thought.

Indifferenza

Ho il dubbio che il problema non sia l’indifferenza, al contrario, è la differenza, la linea che tracciamo tra noi e chi, dall’altra parte, per nazionalità, povertà, colore della pelle, religione, sesso, malattia, quella linea ci rende incapaci di vedere, con gli stessi occhi indifferenti, coi quali, riconosciamo noi stessi.

Ci vergogniamo, per falso pudore, di essere, sotto i nostri vestiti, indifferentemente nudi.

Penna Italiota

Indifference
I have the doubt that the problem is not the indifference, on the contrary, it is the difference, the line that we trace between us and who, on the other side, by nationality, poverty, skin color, religion, sex, illness, that line it makes us unable to see, with the same indifferent eyes, with which we recognize ourselves.

We are ashamed, by false modesty, of being, under our clothes, indifferently naked.

Frontiere

L’Uomo è un universo, è prezioso, è dialogo, ogni uomo, ogni donna, ogni bimbo che lasceremo al di là delle nostre paure, è un tesoro, è un immenso tesoro che avremo per stupidità perso per sempre.
Io non voglio sentirmi solo e voglio poter scegliere, non curandomi affatto di barriere che non ho chiesto, voglio vivere il mondo così, semplicemente, così, come mi è stato donato, con la sua infinita bellezza.

E’ un mio diritto.

Borders
Man is a universe, it is precious, it is dialogue, every man, every woman, every child that we will leave beyond our fears, it is a treasure, it is an immense treasure that we will have for stupidity lost forever.
I do not want to feel lonely and I want to be able to choose, not caring at all of barriers that I have not asked, I want to live the world like that, simply, so, as I was given, with its infinite beauty.

It is my right.

Luce e buio

Dubito sia possibile concepire e darne quindi definizione, principio o assioma al buio in un mondo di sola luce e dubito in maniera speculare che possa l’uomo definire un principio o un assioma, un concetto di luce, non avendone, prima o durante, vissuto un’esperienza del buio.

L’esperienza, cioè, quell’essere spettatori dell’evento presuppone ulteriormente che l’evento avvenga in un lasso di tempo di durata inferiore rispetto alla durata dello sperimentare nostro e/o di chi di quell’esperienza possa comunicarci la memoria storica.

Dubitare e chiedere e concepire l’inedito, presuppone, ma è una mia personale deduzione, anche un concetto storico della memoria, al di là di volerne sviluppare un sistema deduttivo basato su dei principi, ovvero un sistema assiomatico e razionale, che in ogni caso necessita di definizioni e premesse.

Ma è pure sufficiente racchiudere una porzione di mondo, per aver sperimentato e quindi dato definizione del buio ivi racchiuso e viceversa.

Non potrà mai uno spettatore, nel suo limitare del tempo e all’interno, ovvero, sempre non eterno e costretto all’esterno delle mura di quella stanza buia o illuminata che sia artificialmente, pur solo concepire quel mondo di luce, ovvero quel buio e cielo stellato che lo attende fuori.

Il ragionamento è vasto e le sue infinite deduzioni intervengono in ogni campo del pensiero e dell’agire umano e non possono certo essere sviluppate, neanche solo superficialmente, in un blog.

Un’idea inedita è quella di cercare di quella porta e avere il dubbio di volerne oltrepassare la soglia.

Per “alleggerire” l’articolo e spero farvi sorridere, aggiungo in maniera colorita: si immagini di essere all’interno della stanza e di cercarne la porta esterna, anziché quella del cesso.

Solo per alleggerire l’articolo e forse no.

Chi abbia poi di fatto chiesto e pensato prima e costruito poi la lampadina o il cesso ……….. altra questione “ampia” sulla quale riflettere e non me ne voglia il lettore, se chiedo cortesia di non trarne superficialmente le proprie rimostranze.

Light and dark
I doubt it is possible to conceive and then give definition, principle or axiom in the dark in a world of only light and I doubt in a specular way that man can define a principle or an axiom, a concept of light, not having, before or during, lived an experience of the dark.

The experience, that is, that being spectators of the event further presupposes that the event takes place in a shorter period of time than the duration of our experience and / or of those who experience the historical memory of that experience.

Doubting and asking and conceiving the unpublished, presupposes, but it is my personal deduction, even a historical concept of memory, beyond wanting to develop a deductive system based on principles, or an axiomatic and rational system, which in any case needs definitions and premises.

But it is also sufficient to enclose a portion of the world, for having experienced and therefore given the definition of the darkness contained therein and vice versa.

It will never be a spectator, in its time limit and inside, that is, always not eternal and forced outside the walls of that dark or enlightened room that is artificially, even if only conceive that world of light, that dark and starry sky waiting for him outside.

The reasoning is vast and its infinite deductions intervene in every field of human thought and action and can certainly not be developed, even superficially, in a blog.

An unedited idea is to look for that door and have the doubt of wanting to cross the threshold.

To “lighten” the article and I hope to make you smile, I add in a colorful way: imagine being inside the room and looking for the external door, rather than the toilet door.

Just to lighten the article and maybe not.

Who then actually asked and thought first and then built the light bulb or the toilet ……… .. another “broad” question on which to reflect and I do not want the reader, if I ask courtesy of not superficially grasp their grievances.

Un aforisma cancrizzabile

« L’aforisma cancrizzabile è una malattia della tendenza al wit, in altre parole una massima che, pur di apparire spiritosa, non si preoccupa del fatto che il suo opposto sia egualmente vero. »
(Umberto Eco) Fonte wikipedia

Il Potere è merce politica

Un aforisma, forse, “alla Umberto Eco”, cancrizzabile.

Ne lascio al lettore darne la sua risposta emotiva.

L’ambiguità è chiara: la merce può essere interpretata indistintamente come acquistata ovvero venduta:

Il potere è merce venduta alla politica;

Il potere è merce acquistata dalla politica;

Cosa ne accade realmente poi dell’aforisma, se volessimo impropriamente aggiungerne una tonalità non propria ovvero propria?:

Il potere è la merce che si prostituisce alla politica;

Il potere è la merce che prostituisce la politica;

Qualificarne il termine “potere”, permette poi di fantasticare all’infinito, guardate:

Il potere dell’informazione è merce venduta alla politica;

Il potere dell’informazione è merce acquistata dalla politica;

Con diverso aggettivo e scelta di tono:

Il potere dell’informazione è la prostituta pagata dalla politica;

Il potere dell’informazione è la merce che rende la politica una prostituta;

Diversamente:

Il potere economico è la merce acquistata dalla politica;

Il potere economico è la merce venduta dalla politica;

Volgarizzando il testo:

Il potere economico è la marchetta della politica;

La politica è la puttana del potere economico;

Semplificando e non me ne voglia il lettore:

In ogni caso, infine,

visto che forse sempre di pornografia si tratta

Il potere politico è merce venduta alla politica;

Il potere politico è merce acquistata dalla politica;

Ca..o, siamo forse invitati tutti ad una grande orgia o ad una ciclopica masturbazione collettiva !!!

Il dittatore

Il dittatore

Tempi moderni

Null’altro da mostrare che la mia immagine, tenterò  di rappresentarla e difenderla a spada tratta, diversamente ne resterebbe solo la mia solitudine.

Se non avessi purtroppo altra urgenza e necessità che quella di farvi sopravvivere all’inedia, per poter sopravvivere io stesso,  chiederei, io, pure ad alta voce, io, pure a spada tratta e per solo personale orgoglio e a vostro dispetto, che ad offendere la mia intelligenza fossero per lo meno Uomini, che si siano degnati e arditi di rivolgersene.

Male minore che quello di ricevere gratuitamente da voi tante meschine umiliazioni, ma non cedo, il tempo ancora sereno mi permette altro.

Quanto tifare ed io senza alcun pudore, specchiandomi il viso, urlo rivolto col mio fiero sguardo a quell’idiota folla già marchiata coi miei stemmi.

Non temo.

Lascio un messaggio sulle vostre stupide segreterie.

E tanto mi basta

The dictator

Modern times

Nothing else to show that my image, I will try to represent it and defend it with a drawn sword, otherwise only my solitude would remain.

If I had not yet another urgency and need to make you survive the starvation, in order to survive myself, I would ask, aloud, I too, even with a sword drawn and for personal pride and in spite of it, that to offend My intelligence was at least Men, who have deigned and dared to turn.

Less evil than to receive from you so many petty humiliations, but I do not give up, the weather still serene allows me more.

How much to cheer and I without any modesty, looking at my face, I shouted with my proud look at that idiot crowd already marked with my coats of arms.

I’m not afraid.

I leave a message on your stupid secretariats.

And enough is enough for me.

Domani sarà domani

Una strana sensazione che ricorre spesso la sera prima di coricarmi.

Quella di recitare “domani è un altro giorno”.

La sensazione fastidiosa di un proposito e di un progetto bellissimo mai realizzato.

Per quanto tempo ancora rimandare “domani sarà domani”.

Mi sento vigliacco a cedere alla stanchezza e al sonno e pur coricarmi.

Domani sarà il rimpianto di non aver lottato e scalciato con tutte le mie forze.

Tomorrow is another day

A strange sensation that often occurs the night before going to bed.

That of saying “tomorrow is another day”.

The annoying feeling of a purpose and a beautiful project ever made.

For how long to postpone “tomorrow will be tomorrow”.

I feel cowardly to give in to tiredness and sleep and even lie down.

Tomorrow will be the regret of not having fought and kicked with all my strength.

Note a margine al “L’Acrobata”

E’ gradito da parte mia dedicare del tempo per commentare “L’Acrobata”.

Gradito, perché ognuno di noi in cuor suo, desidera che il proprio pensiero possa essere non solo riferito, ma possibilmente quanto meglio comunicato.

La comunicazione non implica necessariamente condivisione, sarebbe inquietante se già solo due persone tra miliardi condividessero, in ogni sfumatura, un solo pensiero.

E’ impossibile collocare ogni parola al giusto posto, affinché un messaggio possa essere recepito universalmente e pur fosse, ne abbiamo una limitata oggettiva e/o soggettiva possibilità di espressione sia essa lessicale, visiva o di immagine.

Del resto del “L’acrobata” non sento al momento esigenza di modificarne una virgola, è il mio pensiero, pur con questo mio commento, ne voglia inserire delle “note a margine”:

“Io dubito

del colore delle cose che vedo, della consistenza delle cose che tocco, dei suoni e delle parole che ascolto.”

Condivido in genere il concetto del “dubbio” filosofico inteso nell’impossibilità di una conoscenza oggettiva della realtà che ci circonda, ognuno per mezzo dei sensi, dell’intelligenza, delle peculiarità sua propria ha un modo diverso di leggere, di interpretare e di vedere.

Sono infinite le possibilità di lettura, non solo per le infinite possibilità dello spettatore, ma a cagione della natura stessa dell’oggetto di studio, che è in evolvere, “sfugge” temporalmente.

Questo concetto del “sapere di non sapere” è molto dibattuto in filosofia.

“Io non dubito

dei colori, della consistenza, dei suoni e delle parole che domando, che penso”

Ora il mio pensiero si rivolge ad un altro oggetto di studio, diverso dal precedente, la mia attenzione non è più rivolta allo studio della realtà che mi circonda, sto studiando il mio stesso pensare.

“La creazione, la domanda è certezza”

Nasce il problema del “lessico”, dovremmo forse “estendere” il significato del verbo “Creare”, o ancor meglio, fosse possibile, dovremmo inventarcene uno nuovo, il cui significato dovrebbe recitare:

“inventare un bisogno, costruirsi mentalmente una domanda”, che non è semplicemente risolto letteralmente col termine “domandarsi”, ma “creare, porsi e porre una domanda nuova, inedita, un nuovo concetto di “idea””.

Quel bisogno quella domanda che “è”, nel mio pensiero, ancora senza rappresentazione, a quella domanda ancora senza risposte, fugge pertanto, dall’osservabile e pertanto dal “dubbio”.

Nel mio pensiero e a maggior ragione non esistendo che non nel mio pensiero, ne sono io l’unico spettatore ed è certezza, legge se stessa.

“L’esperienza, la risposta è dubbio”

L’esperienza dell’esperienza, palesa, a mio avviso, che nell’iter dello studio di un oggetto, sia implicita una domanda, logicamente una domanda, di conseguenza le risposte la cui interpretazione, il cui affanno di una conoscenza oggettiva è inevitabilmente soggetta al “dubbio”.

Affermo l’oggetto, definendolo “risposta”, poiché è nel mio pensiero che qualsivoglia sia l’oggetto di osservazione, sia il risultato di un bisogno, di una domanda.

“Dio creò per amore”.

Quel “per” dice molto riguardo a quanto scrivo, mi viene difficile credere che quanto ci circonda, pur concepito dall’Unico, ne sia il risultato di un creare senza scopo.

“Se e quando Dio ha creato dal nulla, ha creato il dubbio della nostra esperienza e della misura del tempo per viverla.”

In questo passaggio, cerco possibilmente di comunicare il difetto solo lessicale al quale necessariamente per mia incompetenza, o per oggettiva mancanza di un termine adeguato, mi ritrovo ad incorrere.

L’atto del “Creare”, presuppone in etica religiosa, “dal nulla”, in questo se è Dio è “Unico”, quale che sia sia il “creare” dell’Uomo, non può prescindere dall’esistenza in essere dell’uomo e del tempo ad egli assegnato.

Domanda di esistere e di termine temporale che, almeno nel testo, restano implicitamente possibile prerogativa dell’Unico.

Nell’atto stesso della Creazione, nasce il “dubbio” sapere umano, dubbio che non solo è dovuto ai limiti sensitivi dell’Uomo, ma allo scorrere stesso del tempo.

Il concetto è noto anche e soprattutto a livello scientifico.

Il tempo interviene inoltre quale variabile infunzionale dell’agire umano, l’uomo vive in un tempo e per un tempo del quale non ha alcuna possibilità oggettiva di discernimento.

Se e quando l’uomo ha creato un bisogno, ha creato il dubbio per come meglio rispondere di quel bisogno e la misura del tempo utile per consumarlo.”

Ecco in questo passaggio l’atto del creare umano.

Ero sinceramente nel “dubbio” dell’espressione, della risposta al quesito del testo, se indicare il termine “ha creato” tra virgolette o trascriverlo come l’ho poi riportato.

La filosofia è soprattutto porsi domande, non possono esistere schemi predefiniti, altrimenti sofisti, creeremmo un ragionamento basato solo sull’arte dello scrivere e del collocare parole nel testo. A suo modo il sofismo ha altresì mostrato quale sia il potere seduttivo della parole, ha “domandato” di assegnare alla forma letteraria un se oggettivo, ogni pensiero umano, anche quello sofista, in quanto a suo tempo inedito, è idea.

L’eccezione del termine “creare” va contestualizzata, nulla togliendo al concetto che intendo esprimere.

Del resto, mi è difficile ritenere che, se pur non “Creato dal Nulla”, un pensiero artistico, una idea nuova quel “creare umano” forse, volendo assecondare Platone nel desiderio di collocarlo in un “Iperuranio”, non debba comunque per lo meno assurgere, ad immagine e somiglianza dell’atto del Creare divino, seppur non più in un tempo “all’inizio dei tempi”, senza tempo .

Con questo, spero con buona pace di coloro, di Fede, aver sollevato dubbi riguardo alla “buona fede” del testo, non ne ragioni, spero infruttuosamente il lettore, è ininfluente disquisirne oltre.

Ora tornando al passaggio che sto commentando, è proprio nelle “risposte”, nell’oggetto intellettuale, materiale, che risolve di quella domanda e di quel bisogno che ne nasce il dubbio dell’interpretazione, dubbio, noti bene il lettore, del quale è vittima non solo chi cerca di interpretare, studiare, sperimentare le risposte, ma pur chi di quelle domande e di quelle risposte ne sia l’ideatore.

Posso pur pormi la domanda “come vorrei vivere”, la domanda è perfetta, come potrebbe esserlo la domanda opposta o qualsivoglia altro quesito, non è la domanda ad essere l’oggetto dell’esperienza, nelle molteplici infinite risposte si annida il dubbio della verità oggettiva delle stesse, per il solo motivo che tale oggettività chiaramente non esiste, esiste un modo di rispondere più o meno condiviso a un bisogno, confacente al suo tempo, ma mai universale, né per chi consuma di quelle risposte, né per chi ne è pur “costruttore inedito” delle domande e dei bisogni dalle quali scaturiscono.

Noti il lettore come l’atto del “consumare” abbia quale oggetto le risposte.

Io non “cogito ergo sum”,

Io “chiedo”, io “domando”, io “ho bisogno”

“ergo sum”

La grandezza, l’unicità dell’essere umano, non è pertanto, secondo il mio pensiero, nell’essere semplicemente dotato di raziocinio.

Del raziocinio in modo più o meno importante, ne è dotato ogni essere vivente.

Quello che, nel mio pensiero è davvero discriminante dell’Uomo rispetto alla “bestia”, è il fatto di porsi domande, di crearsi bisogni.

La bestia ragiona su come procurarsi il cibo, risolve in maniera più o meno intelligente di quel bisogno e degli altri ad esso assegnati, che non solo è della bestia, ma pure dell’Uomo, ma l’Uomo è l’unico essere vivente che può porsi ulteriori domande, diverse e ulteriori bisogni, diversi  e dei quali esserne unico “costruttore”.

Tornando alla Cristianità, potremmo forse dire, che l’Uomo è l’unico essere vivente che nel paradiso terrestre abbia incontrato il serpente in grado di comunicargli il bisogno di mangiare dell’albero proibito.

Io sono uomo e dubito di quanto vedo, io sono uomo e non dubito di quanto domando.”

Aggiunge una nota esplicativa a quanto già scritto, posso sperimentare di quanto ha consistenza visiva, sensitiva in genere.

Lo stesso pensiero potrebbe apparire superficialmente oggetto di “dubbio” poiché per esprimerlo è necessario in ogni caso un mezzo, sia esso scritto o verbale per comunicarlo e quale sia, sia, il mezzo è già di suo difettoso, ma notate bene, al di là dell’osservatore medesimo,

non è il pensiero a conseguire il dubbio, ma il dubbio a conseguire il pensiero.

“Se un mondo di idee, mi domando ora di pensare,

quel mondo è per me abitato dalle domande che si è posto l’umanità e non dalle risposte che si è dato

risposte che pur, se ora sono,

sono già consumate dal tempo.”

Come già esposto, dubito dell’esistenza di un mondo Iperuranio di idee, già risposta, non dubito certo della possibilità di volerlo ora pensare, pensandolo volontariamente, col desiderio di farlo, pur adesso che ne scrivo, nell’atto stesso in cui “domando” di quel Iperuranio, ne rappresento per azzardare un contenuto non proprio.

Il secondo passaggio rimarca il motivo, per cui anche un osservatore assoluto non possa conoscere oggettivamente l’oggetto di studio, per la stessa labilità temporale ad esso intrinseca.

“Se esiste un Creatore, esiste l’Unico a domandare un tempo per creare.”

E’ la mia idea, è la mia definizione dell’Unico, non è un oggetto di osservazione, quella definizione dell’Unico che rappresento con la limitatezza del testo, nasce da un mio personale approccio matematico alla cognizione di “tempo”, che esula dal contesto del “L’Acrobata”.

Il “Se”, è atto dovuto nel testo, il pensiero è razionale.

“Io non dubito, non riesco a dubitare

delle parole che ho scritto”

Il passaggio è chiaramente rivolto ad un Io interiore, “non riesco”, è un atto di conferma a me stesso della veridicità di quanto sto scrivendo, un tentativo di attestarne soprattutto l’uso proprio o improprio dell’espressione scelta per comunicarlo.

“Non posso invece che dubitare

dell’esperienza mia e di coloro che ne consumeranno le risposte.”

In questo passaggio si intende sottolineare quanto dell’inconsistenza oggettiva del sapere delle risposte ne sia prima vittima l’artefice delle domanda da cui scaturiscono, secondariamente i soggetti esterni, che di quella domanda “difettosamente trasmessa” ne diverranno possibilmente fautori e consumatori di sole risposte.

Il consumare è tipico dell’utilizzo di una risposta, è un atto passivo di utilizzo di una risposta, contrapposto, volutamente nel contesto dello scritto, all’atto vero attivo di “concepimento” del quesito.

“L’uomo, può, a Suo arbitrio e scelta

Creare, volere ed essere artista

Sperimentare, dare ed essere consumatore”

Una personale definizione del libero arbitrio, potendolo estendere, ma è ininfluente ai fini di questa trattazione, pure alla possibilità “Cristiana” di potere discernere tra il bene e il male, nella fattispecie tra “chiedere bene” o “chiedere male”, desiderare del bene o desiderare del male.

Se l’uomo vive in guerra ed uccide, sta consumando una guerra della quale non ne è necessariamente lui stesso l’ideatore, non ha chiesto “guerra”, vive una condizione, una risposta appunto ad una domanda, ad un bisogno e a risposte di guerra di una fazione della quale non necessariamente appartiene.

Discernere tra il bene e il male, non è tanto, o almeno, non solo principalmente, nell’utilizzo delle risposte, ma soprattutto libero arbitrio a porsi domande e bisogni all’uopo.

“La banalità del male”, rappresenta credo bene, quanto possa essere vittima e contemporaneamente carnefice delle proprie azioni l’uomo che, passivamente, vive una condizione dovuta ad un bisogno del quale non è l’ideatore.

Del resto, la genialità umana, quell’essere, nella possibilità del libero arbitrio, artefici dei propri bisogni, non è pertanto da intendersi necessariamente nell’eccezione eroica positiva del termine.

Mi è caro dare un valore etico, pur se ininfluente, ma è chiaro che come esista la genialità del bene esista pure e forse in maggiore occorrenza a cagione dell’egoismo umano,  la genialità del male.

Se la società vive tuttora di contenuti espliciti di ineguaglianza sociale, guerra e povertà, spero quanto da me trattato, possa essere di incentivo eroico per chi mi legge, a rendersi promotore di nuovi bisogni di bene, meno consumatore passivo di risposte a bisogni che non siano finalizzati ad un bene collettivo e universale.

“Acrobata, in bilico

sulla corda del tempo

che non ha domandato

ed è a lui invisibile.”

Il limite più evidente dell’uomo è “il tempo”, una domanda ed un bisogno, del quale poter vivere solo la risposta, può solo l’uomo del concetto del tempo dubitarne anche di misurare con giusta misura cadenza dello scorrere dei secondi, dei minuti e delle ore, realmente quell’idea, quel bisogno indecifrabile dell’ineluttabilità dell’agire umano ne lascia l’uomo spettatore senza occhi per vedere e senza udito per sentire.

Il tempo è invisibile, come è invisibile il termine ultimo dell’agire.

In questo senso, l’uomo lo raffiguro come una acrobata, a porsi domande e a darsi risposte, pur non avendo la possibilità di comprendere se avrà mai il tempo per godere di quelle, pur magnifiche, spero, domande e di vivere di quelle. pur magnifiche, spero, risposte.

La risposta principe è “forse” all’Uomo preclusa, l’Unico solo ne ha l’immensità della cognizione.

L’acrobata

Io dubito

del colore delle cose che vedo, della consistenza delle cose che tocco, dei suoni e delle parole che ascolto.

Io non dubito

dei colori, della consistenza, dei suoni e delle parole che domando, che penso

La creazione, la domanda è certezza

L’esperienza, la risposta è dubbio

Se e quando Dio ha creato dal nulla, ha creato il dubbio della nostra esperienza e della misura del tempo per viverla.

Se e quando l’uomo ha creato un bisogno, ha creato il dubbio per come meglio rispondere di quel bisogno e la misura del tempo utile per consumarlo.

Io non “cogito ergo sum”,

Io “chiedo”, io “domando”, io “ho bisogno”

“ergo sum”

Io sono uomo e dubito di quanto vedo, io sono uomo e non dubito di quanto domando.

Se un mondo di idee, mi domando ora di pensare,

quel mondo è per me abitato dalle domande che si è posto l’umanità e non dalle risposte che si è dato

risposte che pur, se ora sono,

sono già consumate dal tempo.

Se esiste un Creatore, esiste l’Unico a domandare un tempo per creare.

Io non dubito, non riesco a dubitare

delle parole che ho scritto

Non posso invece che dubitare

dell’esperienza mia e di coloro che ne consumeranno le risposte.

L’uomo, può, a Suo arbitrio e scelta

Creare, volere ed essere artista

Sperimentare, dare ed essere consumatore

Acrobata, in bilico

sulla corda del tempo

che non ha domandato

ed è a lui invisibile.

The acrobat

I doubt

the color of the things I see, the consistency of the things I touch, the sounds and the words I listen to.

I do not doubt

of the colors, the consistency, the sounds and the words I ask, that I think

Creation, the question is certainty

Experience, the answer is doubtful

If and when God created us from nothing, he created the doubt of our experience and the measure of time to live it.

If and when man has created a need, he has created doubt as to how best to respond to that need and measure the time needed to consume it.

I do not “cogito ergo sum”,

I “ask”, I “ask”, I “I need”

“Ergo sum”

I am a man and I doubt what I see, I am a man and I do not doubt what I ask.

If a world of ideas, I wonder now to think,

that world is for me inhabited by the questions that humanity has asked itself and not by the answers it has been given

answers that even if they are now,

they are already consumed by time.

If there is a Creator, the One exists to ask for a time to create.

I do not doubt, I can not doubt

of the words I wrote

I can not but doubt

of my experience and of those who will consume the answers.

Man, can, at his will and choice

Create, want and be an artist

Experiment, give and be a consumer

Acrobat, poised

on the rope of time

who did not ask

and it is invisible to him.

Perdonami Uomo

Perdonami uomo,

perdonami donna,

perdonami bambina,

perdonami bambino.

Perdonatemi, vi prego

Avete viaggiato percorrendo distanze oltre a quelle che potevate misurare all’orizzonte dei vostri occhi, venite da lontano, venite da vicino, poco importa, venite solo perché da “oltre una sbarra di ferro”, vi siete imbarcati nelle zattere dei mercenari al soldo dei governi, vi siete stipati fino a morirne asfissiati, all’interno di una stiva, nei containers, nei camions guidati da chi era stato pagato

un soldo.

Fuori era tutto silenzio.

Avete accettato l’umiliazione dei nostri recinti, delle nostre pulizie corporali, dei nostri controlli sanitari pur di passare oltre una linea.

Perdonami uomo, perché delle vostre vite abbiamo tirato le somme, le sottrazioni, discusso il destino, tuttora le annotiamo sulla nostra

carta sporca

e a voi, che dovete ancora partire, non vi abbiamo interpellato.

Perdonami uomo se non combatto con forza

contro chi sulle vostre vite costruisce un senso, forse l’unico, da dare alla propria.

Perdonami uomo se non combatto con forza

contro chi sulle vostre vite costruisce il proprio fallimento, ingannando se stesso.

Perdonami uomo, se la pietà delle mie parole non basta.

Perdonami Tu figlio dell’Uomo, se ogni giorno ancora edifico la tua croce.

Forgive me man,

forgive me, woman,

forgive me baby,

forgive me baby.

Please forgive me

You traveled along distances beyond those you could measure on the horizon of your eyes, come from afar, come up close, it does not matter, come only because from “beyond an iron bar”, you boarded the rafts of mercenaries in the pay of Governments, you’ve crammed them to death asphyxiated, inside a hold, in containers, in trucks led by those who had been paid

a penny.

All was silent outside.

You have accepted the humiliation of our pens, our body cleanings, our health checks to pass over a line.

Forgive me man, because of your lives we have drawn the sums, the subtractions, discussed the destiny, we still note them on our

dirty paper

and to you, who are yet to leave, we have not asked you.

Forgive me man if I do not fight hard

against those who build on your lives a sense, perhaps the only one, to give to their own.

Forgive me man if I do not fight hard

against who on your lives builds his own failure, deceiving himself.

Forgive me man, if the piety of my words is not enough.

Forgive me You son of Man, if every day I still build your cross

Perché, papà ?

Ho ritenuto di approvare e quindi pubblicare il commento precedente, pur non potendone testare personalmente la veridicità dell’identità dichiarata dal mittente, ma poco importa, non mi interessa.

Ho registrato da pochi giorni questo sito, improvvisandomi utilizzatore di una tecnologia di cui sono poco avvezzo, dove è nelle mie intenzioni pubblicare idee, pensieri, spero propositivi per chi mi legge.

Non mi interessa “discutere” di politica, lo fanno già in tanti e con tanto rumore.

Oggi più che mai, agevolati certo da un sistema di scambio internazionale, siamo spettatori senza idee del baratto commerciale (prerogativa sostanzialmente umana) di ogni bene sia esso materiale, umano o intellettuale.

Questo non credo personalmente rappresenterebbe certo un problema, non creerebbe disuguaglianza in un sistema liberale. se quale merce di scambio fosse possibile barattare indifferentemente quesiti (domande) e risposte (offerte), ma così non è.

La risposta, l’offerta, il bene che si materializza ha un valore di vendita, il quesito, la domanda, “il perché”, il dubbio è invece un progetto di investimento, senza un valore di mercato immediatamente esigibile.

I figli di oggi smettono di chiedere “perché papà” ad una età molto precoce, diventano subito consumatori, consumatori di certezze preconfezionate, di bisogni artificiosi, che assumono forma e consistenza nella rappresentazione mediatica e virtuale collettiva.

Che differenza corre del resto, tra la rappresentazione e la realtà, quando lo strumento per comunicare il virtuale ed il bisogno collettivo da vendere è talmente avanzato ed affinato. L’uomo ha messo piede sulla luna, era una idea e l’ha realizzata, lo spettatore annoiato che viaggia su Marte con la fantasia del regista lo ha già forse superato, non importa come.

Così vale per tutto, anche per la politica, della quale tanto si chiacchera vanamente e vanitosamente, la massa recepisce lo standard dei contenuti, la forma, quel “chiavi in mano” di domanda e risposta confezionata, pensando di poter delegare ad altri i “perché”. La politica dovrebbe essere invece una offerta, quella ritenuta più votata e confacente ad una domanda, ad un progetto già condiviso.

L’uomo credo debba fare maggiore attenzione oggi e sembra strano dirlo, al fatto che per migliorare la qualità di vita dei molti, ogni individuo, ogni associazione, ogni comunione, debba compiere uno sforzo prima di progetto, costruire un quesito e non avere fretta di darsi risposte, o ancor peggio, rinunciare da subito, per acquistare il “chiavi in mano della domanda+risposta” già offerto a “poco” prezzo sul mercato, probabilmente la stessa domanda dovrà essere revisionata più volte, come Aladino, che di fronte alla lanterna magica, immagino, abbia dovuto pensare e ripensare più volte al desiderio, al bisogno da pronunciare, immaginate se il mago, senza che Aladino dovesse strofinare la lampada, ne fosse uscito esaudendo desideri di proprio arbitrio.

Solo così facendo, l’uomo potrà forse assecondare con coscienza ai propri bisogni, perché quei bisogni, quelle aspirazioni , quelle idee saranno allora la risposta a domande di cui si è veramente reso artefice e costruttore intellettuale.

Il potere dell’alta finanza, intendendolo come il potere economico detenuto da pochi col quale investe nel progettare bisogni collettivi per venderne infine i prodotti sul mercato, in tale logica, capite bene, ne sarebbe depauperata dell’essenziale, cioè del progetto e senza progetto di realizzazione, la vendita, il rientro economico dell’investimento non avviene, l’attivo economico di queste belle società, delle holding, dei fondi di investimento disseminati per il mondo, passa dalla voce crediti alla voce debiti, quale sia sia il conto corrente sul quale sono depositate le somme.

Poco importa , visto che a farne le spese sarebbero quei pochi che oggi con ingordigia ci vendono, senza remora alcuna. ogni veleno, quegli stessi che ogni giorno costruiscono a tavolino quelli che debbono essere i nostri sogni e le nostre aspirazioni.

Non mi interessa particolarmente ricevere commenti politici all’articolo che ho pubblicato per il semplice fatto che non ho posto domande politiche, ho fatto semplicemente, nel precedente, una constatazione un tantino colorata e forse ironica dello stato dell’arte, per come la vedo io, forse per come spero la vadano in tanti, del contesto sociale che vivo e dove necessariamente debbo dare spazio e tempo alle mie domande, anche possibilmente da ragionare e costruire insieme a qualche lettore più attento.

E’ l’unico punto di partenza, credo, per investire sul futuro, non tanto più il nostro, almeno parlo per me che a 45 anni, a differenza del ben pensar comune, umanamente ritengo di aver già vissuto le emozioni essenziali, quelle che contano, quanto per comunicare una possibilità mentale diversa ai nostri figli che, oggi, soldatini passivi dell’usa e getta, sento di voler proteggere dal delirio del nulla.

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