Ti scrivo per raccontarti del maldestro incantesimo perpetrato anni or sono da due apprendiste streghe sulla cima del Vesuvio. Il loro nome mi è stato confidato da un vecchio postino che raccoglieva francobolli da 500 lire. Un pentolone grosso e fumante, occhio, malocchio, corno e bicorno, aglio, fravaglio, prezzemolo e finocchio, con l’aggiunta di qualche ortica e uova di lombrico e d’un tratto, un principe si tramutò in un rospo gracchiante. Il rospo poverino, rimasto tutto solo, non seppe darsi pace, cominciò a saltellare di qua e di là e di lui se ne persero completamente tracce.

Ma il bello è, che queste due apprendiste streghe, non erano poi tanto esperte in arti di magia, così l’incantesimo pur celava un antidoto segreto, che questo povero vecchio seppe raccontarmi: sarebbero passati più di trecento anni, tanti ce ne sarebbero voluti perché tutte le parole si fossero sposate col giusto francobollo e così, affrancate, avrebbero preso finalmente il volo.

Quando quel giorno verrà, si disegnerà nel cielo un arcobaleno di tanti piccoli pezzi di carta colorati, che si andranno a posare sulla collina, dove quel povero rospo, rimasto solo a gracchiare per tutto il tempo, li rileggerà ad uno ad uno.

Quando avrà terminato il suo compito cercherà altri francobolli, ma di nuova fattura stavolta, con cui spedire le parole rimaste senza busta: la sua amata le riceverà e gli restituirà le sue, egli tornerà principe, lei principessa e vivranno tutti felici e contenti. Non rispondermi, ti prego, è solo una fiaba che mi ha raccontato un vecchio uomo per strada. Si racconta ai bambini la sera e poi ci si addormenta.

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